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Affido condiviso. La voce dei figli

Il diritto del minore alla bi-genitorialità nei casi di separazione è uno dei temi al centro dell’attuale dibattito sociale e politico. Occorre però interrogarsi sul reale significato di questo concetto e su quali possano essere i bisogni dei figli: in tal senso le esperienze dei minori di oggi e di ieri appaiono preziose per capire come costruire buone prassi, anche in ambito legislativo.

Le riflessioni qui proposte ci sono state inviate da Emanuela Piombo , Giudice onorario presso il Tribunale dei minorenni di Brescia e nascono dall’incontro con le storie di bambini, ragazzi e adulti che hanno vissuto la separazione nella posizione di figli o di genitori e talvolta entrambe.

SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLA BI-GENITORIALITA’ NEI CASI DI SEPARAZIONE

Nella nostra società molti bambini e adolescenti si trovano ad affrontare la separazione dei genitori, un evento indubbiamente critico, in grado di sconvolgere gli equilibri familiari e personali e che può avere ripercussioni anche a lungo termine, ma che tuttavia non rappresenta necessariamente un fattore di rischio evolutivo. Diversi elementi, infatti, possono intervenire a mediare l’impatto di un simile evento e generalmente si fa rientrare tra i fattori protettivi anche la possibilità di avere rapporti positivi e significativi con ciascun genitore. Già l’attuale normativa ha inteso promuovere il diritto alla bi-genitorialità attraverso l’istituto dell’affido condiviso, pur prestando attenzione alle situazioni in cui sono presenti problematiche gravi, tali da pregiudicare le capacità genitoriali o comunque il benessere del minore.

E’ tuttavia sotto gli occhi di tutti che disporre l’affido condiviso non porta necessariamente a un’effettiva collaborazione tra i genitori nel crescere i figli, né tantomeno a legami genitori-figli per forza positivi. Tale istituto inoltre non prevede di solito una salomonica divisione del tempo da trascorrere con ciascun genitore, dunque ognuno avrà uno spazio temporale differente per giocare il proprio ruolo affettivo ed educativo e talvolta anche questo porta ad acuire il conflitto. Intorno alla tematica della bi-genitorialità, o ancor meglio della co-genitorialità, manca spesso una riflessione sociale ampia, nonché un’ottica preventiva in grado di promuovere l’idea che “fare i genitori insieme” e ascoltare i bisogni dei minori è in linea di massima possibile e doveroso anche ben prima della separazione.

Ascoltare le esperienze dei figli: una via per costruire buone leggi

Certamente a livello legislativo è necessario stabilire alcuni principi chiari, tuttavia non si può ignorare un presupposto fondamentale: ogni famiglia è unica, ogni separazione è unica e i processi personali, relazionali e sociali in gioco sono così complessi che non è possibile fornire un’unica rigida risposta. Per trovare soluzioni sempre più adeguate è imprescindibile ascoltare attentamente i bisogni di tutte le parti coinvolte, dunque anche dei minori.

La voce dei bambini e dei ragazzi che stanno vivendo la separazione dei genitori, così come quella di coloro che sono ormai adulti o giovani adulti, rappresenta un patrimonio esperienziale importantissimo, utile a comprendere le necessità e le problematiche in gioco, ma anche le possibili risorse e gli elementi che sembrano poter funzionare bene, pur tenendo a mente la diversità delle varie situazioni.

I bisogni dei minori tra stabilità e cambiamento

Quali possono essere dunque gli elementi a cui prestare attenzione dal punto di vista dei figli?

Un primo bisogno importante è quello di sentire che il mondo in cui ci si muove sia sufficientemente stabile, soprattutto nelle prime fasi dopo la separazione, nonché quello di godere di cure affidabili e basate su relazioni di buona qualità e continuative nel tempo. Non è possibile stabilire a priori o in modo automatico cosa ciò significhi in termini concreti e dunque gli accordi e le decisioni che riguardano un minore dovrebbero essere il frutto di un processo di ascolto e confronto reciproco tra genitori e tra genitori e figlio. In altre parole dovrebbero rappresentare la risposta più utile possibile ai reali bisogni di quel bambino o ragazzo in quel particolare momento di vita.

Confronto e riflessione dovrebbero poi essere tenuti in vita nel tempo, in quanto se da un lato è bene evitare una gestione caotica e confusiva della vita familiare, altrettanto importante è restare sensibili ai bisogni che man mano emergono, evitando di applicare gli accordi presi in modo ciecamente rigido. Sono i genitori in primis a doversi assumere la responsabilità di capire chi è quel figlio nelle varie tappe di vita, quali cambiamenti deve affrontare (non solo in termini concreti), quali possono essere le conseguenze e le risposte utili.

Una simile attenzione ai bisogni dei minori andrebbe posta dunque in tutte le situazioni e ancor più quando vi sono segnali di compromissione delle capacità genitoriali, di particolare fragilità nei figli, di elevato conflitto o di violenza, casi che altrettanto vanno esaminati singolarmente.

La qualità delle relazioni nella ricerca di nuovi equilibri

Tralasciando queste ultime situazioni più particolari, in generale possiamo affermare che i figli necessitano di preservare non semplici contatti con ciascun genitore, ma contatti continuativi e di qualità. Incontrarsi di rado o saltuariamente certo non favorisce la crescita del rapporto genitori-figli, ma trascorrere insieme più tempo non significa per forza avere una relazione positiva, soprattutto se questa non era presente già prima della separazione.

Innanzitutto ciascun figlio dopo un simile evento ha bisogno dei suoi tempi per ripristinare un sentimento di fiducia e per trovare un nuovo equilibrio relazionale con ciascun genitore: il minore può non riuscire a vedere i suoi adulti di riferimento con gli stessi occhi di prima e talvolta i genitori subiscono cambiamenti forti, molto destabilizzanti per i figli.

In ogni caso bambini e ragazzi hanno bisogno di sentire che gli adulti ci sono, non solo fisicamente, ma in termini di impegno nella relazione e ciò vale tanto per il genitore non convivente quanto per il genitore collocatario. Spesso i figli si ritirano emotivamente, provocano, rifiutano il contatto perché feriti e delusi: il genitore che tanto vorrebbero sentire vicino appare loro distratto o nervoso, più concentrato su di sé, sul lavoro, sulla nuova famiglia o sul conflitto con l’ex partner, incapace di dialogo e di ascolto a livello profondo. Ci sono figli che pur trascorrendo molto tempo con un genitore si sentono per lui un peso o che rinunciano a comunicare pensieri e sentimenti importanti perché non hanno fiducia di essere capiti. Si tratta talvolta di problemi presenti già prima della separazione, di cui non sempre gli adulti hanno percezione o che si aspettano possano risolversi magicamente.

Se un genitore, per i più disparati motivi, non è riuscito a costruire nel tempo un rapporto diretto e significativo col figlio, non lo conosce e non si è fatto conoscere, non si è sperimentato in un accudimento a tutto tondo, è più difficile che i rapporti possano essere positivi dopo la separazione, quantomeno senza un lavoro di supporto.

Rinegoziare i rapporti in termini non distruttivi, ma significativi: un compito degli adulti non del tutto delegabile alla legge

In questi termini la bi-genitorialità, reale e non semplicemente “applicata per legge”, può risultare una grande risorsa tanto per i figli quanto per i genitori. C’è bisogno di adulti in grado di andare non solo oltre il conflitto distruttivo, ma anche oltre al freddo scambio di informazioni scolastiche o sanitarie, oltre al mero non ostacolare i contatti, oltre al mantenimento di “rapporti civili” che possono anche risultare sterili. Non si tratta di fare i genitori ognuno per sé, in parallelo, ma di aiutarsi reciprocamente, scambiandosi riflessioni, competenze, strategie relazionali ed educative volte a trovare e a tenere aperti canali comunicativi e affettivi con i figli.

I minori hanno bisogno di vedere adulti capaci di rinegoziare i loro rapporti in termini non distruttivi, ma neppure superficiali, capaci di trasmettere fiducia nei legami affettivi nonostante tutto. Si dice spesso che i genitori devono riuscire a essere ancora genitori anche se non sono più coppia, ebbene co-genitorialità significa essere ancora genitori insieme, “giocare in doppio” per il bene dei figli. Se questa dinamica mancava già prima della separazione sarà più difficile costruirla, ma è la direzione in cui è opportuno lavorare.

Il diritto alla storia familiare e una separazione che si può raccontare

Nelle situazioni gravi in cui invece i contatti genitore-figlio vanno regolamentati in modo particolare oppure si perdono, è comunque importante tenere a mente il bisogno del minore di accedere alla storia delle famiglie nucleare e di origine, trovando verità narrabili e modi adeguati all’età e alla sensibilità del figlio. Se infatti è importante tutelare i minori da situazioni di pregiudizio, è anche fondamentale prevenire la costruzione di veri e propri tabù che rischiano di diventare vuoti profondi.

Lo stesso evento della separazione dovrebbe poter essere narrabile e comprensibile: i figli hanno bisogno di dare un senso agli eventi della vita e sono gli adulti a doversi rendere disponibili a spiegare cosa sta succedendo e perché, sempre in modo adeguato alla situazione. Anche qui va aperto un canale comunicativo che faccia capire al minore che se e quando lo desidera si può parlare, fare domande, esprimere timori, desideri, emozioni negative, positive o ambivalenti che siano.

L’ascolto del figlio e gli accorgimenti a tutela del minore

Molti figli subiscono le decisioni degli adulti senza poter capire cosa accade, finendo per sviluppare senso di colpa e rabbia. Altrettanti non esprimono ciò che provano per non rischiare di sentirsi sminuiti o di ferire qualcuno oppure si sentono eccessivamente pressati da adulti che vogliono sapere cosa pensano e provano e non rispettano i loro tempi.

In tal senso l’ascolto del figlio va inteso come processo che si dipana lungo tutto l’arco della vita all’interno dei rapporti familiari e non solo come momento circoscritto che avviene nelle aule di Tribunale. Fermo restando il diritto dei minori all’ascolto anche in tale sede, bisogna anche riflettere su come esso può essere vissuto. Ci sono ragazzi e bambini che desiderano esprimere il loro punto di vista e si sentono rassicurati e contenuti dall’ascolto di una persona terza a cui si approcciano con fiducia. Altri invece si sentono implicitamente chiamati a prendere posizione o esprimono timore che le loro parole possano essere ascoltate o lette in seguito dai propri genitori determinando conflitto, rabbia, dispiacere.

L’ascolto in Tribunale dunque deve prevedere particolari accorgimenti a tutela del minore e va rimandato agli adulti che l’obiettivo è la comprensione dei bisogni, delle sofferenze, dei desideri dei figli, sui quali non devono ricadere responsabilità o colpe.

Prospettive per la società di domani: ascoltare e capire per costruire una co-genitorialità reale

Per concludere, è certamente importante riflettere sui temi che ruotano intorno all’evento della separazione e se l’intenzione è davvero quella di aprire la strada a un’effettiva co-genitorialità occorre prima interrogarsi sul significato profondo di questo termine e aprirsi all’ascolto di tutti i bisogni in gioco e degli elementi in grado di favorire, soprattutto in ottica preventiva, rapporti di qualità sia tra genitori che tra genitori e figli.

Dott.ssa Emanuela Piombo. Psicologa Psicoterapeuta sistemico-relazionale. Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Brescia

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